giovedì, febbraio 23, 2012

Bunker sì, bunker no.

Un bunker è un tunnel, ad andamento spezzato perché così, in caso di esplosione, si interrompe l’onda d’urto, e sene indebolisce la forza.
Perché mi hanno spiegato queste cose? Perché mi sto letterariamente occupando (anche) di bunker. Il romanzo di Luca Valente ha molto a che vedere con i bunker (per i dettagli, leggete “Indagine 40814”), e io vivo a cinquecento metri da uno dei pochi bunker che conosco della mia zona. Anzi, mi son documentata, il “nostro” è un esempio raro per l’intera Europa.

Una cosa strana, a pensarci oggi, un rifugio antiaereo costruito praticamente nel giardino di una villa palladiana, che per altro era usata come ospedale militare durante la Seconda Guerra, non ho capito se perché considerata stabile o perché un bene artistico non sarebbe stato preso come obiettivo sensibile.
Fatto sta che la villa è ancora lì, vecchia – bellissima - sana e salva, e il bunker pure.
Di più, l’Amministrazione comunale l’ha ristrutturato. Giusto, è un bene molto interessante, ed è buona cosa recuperarlo e restituirlo come spazio pubblico.
Ecco, spazio pubblico vuol dire che si può usare, anzi, che si deve usare, per far sì che le spese per la ristrutturazione possano portare a dei vantaggi per la comunità, e possano chiamarsi “investimento”.

Ora, decidendo di presentare il libro di Valente a Caldogno, quale ambientazione migliore del bunker che, come si legge nei comunicati stampa, «rappresenta una location suggestiva dal punto di vista costruttivo e, grazie all’impatto emozionale che riesce a suscitare attraverso differenti giochi di luci e ombre, ben si presta ad ospitare molteplici forme d’arte»?
La volontà dell’assessorato alla Cultura, si legge, è di rimettere in gioco lo spazio, con una serie di iniziative che lì si ambienteranno. Ottimo: la nostra proposta è di presentare il libro lì, in forma drammatizzata con dialoghi recitati da attori, proprio un bel progettino.

Invece no: dal tunnel Luca ed io non ci siamo usciti. Non ci siamo neanche entrati, se non in visita, e quindi non possiamo neanche vedere la luce alla sua fine. Insomma, nel tu-tunnel-el non ci andiamo proprio.
I responsabili non si prendono la responsabilità (non è una ripetizione, è proprio così, ed è assurdo) di portare gente nel bunker.
Non sono stati in grado neanche di saperci dire se nella data prescelta si sarebbero tenute altre manifestazioni (in un Comune con 10mila abitanti, è peggio che stare a New York, mica puoi sapere tutto di tutti!), salvo che poi, guarda caso, le date indicate dalla biblioteca per la presentazione del libro coincidono con una mostra nel bunker (l’avevamo pur detto che è uno spazio da usare).
Ah, ma allora è agibile? O i visitatori della mostra ci andranno a loro rischio e pericolo? Non mi tornano i conti. «C’è la mostra, non si può andare nel bunker», ci hanno risposto. Come, neanche per vedere la mostra? Oddio, getto la spugna.

Non sto facendo una campagna per salvare la vita a nessuno, ma fatte le debite proporzioni, in un Comune da 10mila abitanti queste son le cose che accadono, gli scogli che si incontrano, i piccoli dolori che vengono inflitti alla creatività e all’entusiasmo.
Speriamo non ce ne siano altri. Per non fare la Giovanna d’Arco della situazione, e poiché l’evento sarà per Luca e per il suo libro, la finisco qui.
Forse.