martedì, luglio 26, 2011

RAGIONE E SENTIMENTO E CALESSI D’OGNI SORTA

Ci sono tutti gli ingredienti: l’estate, tempo da ombrelloni e romanzetti rosa (di quelli che valgono forse meno della carta su cui sono stampati), voglia di far poco, cuore sbigottito e tenero (ottima fonte per banalità che potrebbero essere condivise da un target dai contorni sfuocati di lettrici).
È irresistibile la tentazione di mettere in fila i risultati di tutto questo, una vera fiera delle banalità che urge dentro di me, e trova uscita solo dal refill della biro, il pronto soccorso universale per borsetta che ultimamente non dimentico mai di portare con me.
Mancano dieci minuti al mio appuntamento di lavoro, sono dieci giorni che rimugino sensazioni, sentimenti, pensieri. Uno yo-yo tra razionalità di stampo settecentesco, tutto causa-effetto (però, a ben vedere, chi se ne frega delle cause, lasciatemi guardare gli effetti e amen, il resto si attacchi dove meglio crede), e dall’altra parte un tenero sentire, qualcosa di piccolo, delicato, impalpabile, umile eppure insistente, come un bambino che con la sua vocina ripete “portami a veder i cavalli” e non demorde, non si addomestica alle spiegazioni, che pure comprende. Ha ragione lui: le spiegazioni stanno su un altro piano, lui è di un altro mondo, fatto di desideri, di speranze e di un sentire che è certezza. 

Io che bambino non sono, e mi porto appresso strati e strati di incontri, letture, filosofie, colloqui, provo a scoprire le carte. Faccio il gioco del “se fossi” e penso al genio della lampada. Cosa gli chiederei, con la mia vocina insistente e magari un po’ piagnucolosa?
Ma prima voglio tirare fuori tutto, ed escono le solite cose: “Amor, ch’a nullo amato amar perdona…”. Accidenti, suona come una condanna, un aut-aut. Se ti senti “perdonato” da Amor, vuol dire che … era un calesse! Pace. 
Riaffiorano le parole della curandera (sì, ho incontrato pure una curandera, che non so se cura, ma ispira di certo, come ogni persona “evoluta” anche solo per se stessa) che mette tutto sull’energia, quella che devi sentire dentro di te fluire con potenza e calma, e quella che ti assorbono gli altri, e non sempre a proposito. E decido che non devo fare proprio nulla, e al tempo stesso tutto. 
Sto lì seduta come la dea Kalì (che non so assolutamente cosa faccia lì seduta, ma ci sta) e divento un centro, di energia. Un po’ così mi sento, nonostante la parte razionale mostri di arrabattarsi, di combattere. Ecco, se sei veramente potente (come può esserlo chi lascia fluire l’amore dentro sé) non devi scapigliarti tanto, le cose verranno. Quelle che verranno saranno buone, o comunque serviranno a qualcosa, le altre saranno un nulla di perso, in fondo. Ora mi sento forte di questo. Che stranezza, dato il momento. Eppure …
Wow, quanta saggezza, non ci credo nemmeno io. È il refill che fa tutto, io non volevo.

E il calesse? Beh, il calesse serve a portarti da qualche parte. Anzi, diciamo che sei certa che si tratti di un calesse quando comprendi dove ti ha portato. Questa però è la fiera delle consolazioni! Tanto, che cambia? Nulla, nei fatti. Molto nella possibilità di crescere. E riscoprirsi, magari, migliori di prima. Falsa partenza, si ripeterà e farà trionfare il vincitore. Errore di percorso, sarà un insegnamento, o un banco di prova, o un errore e basta. Chi vivrà, vedrà. Approfitto del momento positivo ed energico per fare bella figura con la lettrice (queste sono robe da femmine), perché so che presto sarà seguito dai suoi molti contrari, e lo yo-yo continua, lasciando una scia di sonno al povero cuore strapazzato.
Caro genio, lo sai tu quel che voglio: è qualcosa di semplice e raro, bello e spaventoso, coraggioso fino all’incoscienza e deciso contro ogni ostinazione. È il posto cui si appartiene, e che si riconosce in un istante, all’improvviso, magari quando si sono dipanati pregiudizi e timori, i nuvoloni che nascondono un sole che sta sempre lì, per ciascuno di noi.