lunedì, maggio 16, 2011

Lezione di amicizia


Attendevo con un po’ di ansia qualche fatto della vita che mi suscitasse un pensiero abbastanza profondo da essere motivo di uno scritto. Cercavo di guardare ogni cosa con occhio sardonico, sperando in uno spunto per un pezzo cattivissimo e divertente.
E invece è arrivata una lezione semplice, un po’ sentimentale. Non c’è ironia, non c’è spirito arguto né divertimento. A darla, la lezione, è un nonno.
All’età di oltre settant’anni sembra che tutti comincino a permettersi versioni di sé che forse prima non manifestavano, o semplicemente che io non ascoltavo (fa lo stesso). Insomma questo amico di famiglia, oggi davvero nonno, per me carissima presenza sin dalla mia infanzia, con il suo solito modo sommesso di chi dichiara di non aver studiato, e quindi di non poter insegnare niente a nessuno (sbagliatissimo, ma lo sa anche lui), se ne esce dicendo: “L’amicizia è un tesoro, una ricchezza che va conservata, alimentata, protetta, coltivata. A suon di sacrifici, se serve.” Tanto che lui ha spostato la festa per il proprio compleanno, da trascorrere con figli e nipoti, per essere presente alla festa dei settant’anni di un suo amico. Perché “Mica si poteva mancare a questo festeggiamento, così importante”, e per farlo val bene la pena di sacrificare una parte del privato, del personale.

Come dire, uno stacco generazionale con quanto vedo non nei giovani (che oggi hanno 20-25 anni), ma nei quarantenni. Come li vogliamo chiamare, uomini (e donne) nella piena maturità? Potrebbe andare.
Bene, questi li trovo sempre più rivolti ad un orticello privato che va via via riducendosi nelle dimensioni, e isolandosi dal resto del mondo, in un’estenuante tutela della proprietà privata da esercitare in materia di tempo, di condivisione, di servizio, di disponibilità. Tutto ciò che sta fuori dalla finestra di casa tua viene sempre e comunque “dopo”, e se ne avanza. E gli amici vengono sempre in seconda battuta.
Il festeggiato ha ringraziato con un altro bellissimo pensiero, un rovesciamento de “La vita è meravigliosa”, film del 1946 di Frank Capra, interpretato da James Stewart. Un classico che più classico non si può. Bene, come lì viene data la chance unica ad un disperato di vedere nel futuro come sarebbe stata la vita senza di lui (che meditava di dare un aiutino al destino, anzitempo), così oggi il festeggiato, che taglia il traguardo dei settant’anni, dichiara di sentirsi fortunato perché invece è arrivato a vedere come è stata realmente la propria vita, e di vederlo nelle persone che erano lì a festeggiare con lui.
Sì, ma non solo, quelle erano le persone che sono state con lui in tutti gli anni precedenti. Amici d’infanzia, e poi quelli dei vent’anni, sempre rimasti in clan dai tempi della cinquecento, amici di avventure vacanziere con la roulotte, di quelle spericolate che si facevano negli anni ’80 (che oggi se uno porta i figli in campeggio senza acqua calda si trova il telefono azzurro in casa). Tutti lì, come un tempo, e davvero felici. Tutti si sono andati incontro (volevo dire “sacrificati” ma non è giusto lo spirito) in diversi momenti della vita, dobbiamo immaginare, magari a spintoni (non è che li facciamo tutti santi subito). Però la loro barca ha tenuto. Oggi, forse più al riparo da molte tempeste, quella barca può permettersi una riverniciata, per l’occasione, ed essere ancora bella come sempre.